Matrimonio sì ma consapevole per le nuove generazioni al centro dell’Osservatorio e del webinar promossi da Sì Sposaitalia Collezioni: la tradizione rimane prioritaria, ma è riletta in chiave sostenibile, diventando un’opportunità per le aziende del segmento.
È la consapevolezza a fare la differenza per i consumatori della Gen Z, che imprimono il loro pensiero e desideri anche nel momento delle nozze. Nell’ottica di un approccio più consapevole, il matrimonio si impreziosisce di una mano ecologica, etica e solidale in cui gli sposi condividono con gli ospiti i loro valori e la loro visione. L’impronta verde parte dalle partecipazioni di nozze, passa per le scelte stilistiche dell’abito e la luna di miele e arriva a coinvolgere, a monte, l’intera filiera. Ma come la sostenibilità può trasformarsi in profitto per l’industria della sposa? È stato questo il focus del webinar che Sì SposaItalia ha organizzato lo scorso 1°marzo coinvolgendo esperti del settore e top manager per dare uno spaccato delle principali trasformazioni in atto nell’intero segmento, “Recycle, reuse, repeat: the new wedding mantra. Tendenze green, opportunità di business e casi di successo per l’industria della sposa”. Il talk digitale è stata l’occasione per presentare anche i risultati dell’edizione 2022 dell’Osservatorio di Sì SposaItalia “Meet The Generation Z Bride: alla scoperta degli sposi del prossimo futuro”, per capire come i nuovi interpreti del mercato si approccino al wedding. Il risultato è stato sorprendente: da un lato, un nuovo approccio sostenibile e dall’altro l’importanza di un momento tradizionale che, al netto dello scenario attuale puntato alla tecnologia, non prescinde dai suoi asset classici.
A partire dal vestito, paladino di quel fashion in chiave eco, divenuto un catalizzatore delle scelte etiche: oggetto/soggetto di un cambiamento in cui si esprime la predilizione per il vintage, la “second chance”, ovvero il riutilizzo del wedding dress in altre occasioni. Un trionfo dell’upcycling a cui le maison bridal si sono adeguate e hanno trasformato in punto di forza, come il progetto Re-Love firmato Atelier Emé (in collaborazione con Mending for Good): esempio di design circolare che, partendo dagli abiti di archivio, li rilegge in chiave artigianale e creativa, per riportarli a nuova vita e a nuovi usi.
Secondo quanto emerso dal campione degli intervistati, l’importanza dell’abito, così come il suo contenuto emozionale, rimane centrale e si prediligono i canali di vendita “fisici” nel momento dell’acquisto, nonostante l’esperienza in atelier possa trovare ottimi complici nelle tecnologie social.
Ma l’abito è solo la punta dell’iceberg di un processo che non può che coinvolgere l’intera filiera: le nuove generazioni prediligono brand no name, sostenibili, che al contempo non rinunciano allo stile. Conoscere la storia del marchio e essere consapevoli della trasparenza del suo processo produttivo, sono atout imprescindibili che fanno la differenza al momento dell’acquisto: più della metà degli intervistati, infatti, spenderebbe fino al 10% in più per una creazione sostenibile! Una considerazione che premia le aziende che da sempre seguono principi produttivi etici, come Aquafil, uno dei principali produttori di nylon al mondo, che ha fatto del filato ricavato da scarti e trasformato in materia, il protagonista assoluto della sua idea (vincente) di transizione circolare.
C’è un atteggiamento coerente che si evince, Osservatorio alla mano, di come sia sempre più necessario rapportarsi con un consumatore informato, le cui scelte sono influenzate non più solo dall’estetica, ma anche e soprattutto da un approccio etico. Una tendenza che diventa un’opportunità per le aziende, a partire dagli aspetti comunicativi come dimostrato dall’analisi di Mediatyche, società leader nella consulenza, in cui chiarezza, concretezza unitamente ai rischi del green washing sono i punti chiave su cui le aziende devono costruire una comunicazione adeguata. Senza dimenticare i vantaggi economici che queste stesse possono trarre, sia in termini di risparmio delle risorse utilizzate sia di riduzione dei costi, da cui deriva anche una maggiore possibilità di investimenti in tecnologia spesso sostenuti da programmi governativi ad hoc. Come sottolineato dal Dottor Niccolò Bacci, Head od Fashion & Textile Desk Intesa San Paolo, sono state siglate con Sistema Moda Italia soluzioni finanziarie per agevolare le aziende e permettere loro di migliorarsi in un’ottica green, con investimenti in materiali e tessuti innovativi, lancio di capsule collection sostenibili, attività di co branding e piattaforme second hand re selling. Il Presidente di SMI, Sistema Moda Italia, Sergio Tamborini, ha spiegato infine come il Consorzio SMI stia lavorando per favorire la crescita di tecnologie e capacità di riciclo più rilevanti di quelle attuali, affinché vengano identificate per le aziende, indici di misurabilità certi, capaci di determinare quanto un’azienda sia sostenibile.